LA CITTA’ SONORA, p.6- “TORNO SUBITO”- Festa per i 100 anni di Pioggia

LA CITTA’ SONORA, p.6- 28 giugno 2018

“TORNO SUBITO”- Festa per i 100 anni di Pioggia

Orvieto, P.zza S.Andrea 22 giugno 2018

chiesa

Fernando Maiotti, detto “Pioggia”, scomparso nel 2014 alla bella età di 95 anni, è stato un pezzo dell’anima di questa città. Per decenni, con umorismo e gentilezza ha accompagnato, semplicemente, la nostra vita. Lo si trovava spesso in duo con il fido Massimo Ladi (da poco scomparso) o con altri musicisti popolari, sfoderando un repertorio bellissimo fatto di canzoni napoletane, romane, classici dello swing anni ’40-’50, digressioni sudamericane. Con i suoi amici e compagni musicisti, come Massimo Ladi e tanti altri, ha suonato, fino a tarda età, per le piazze, le vie e le feste di Orvieto e delle città vicine, incantando orvietani e turisti che continuavano a scrivergli a distanza di anni.

Buona vista Pioggia

All’arte popolare di Pioggia la nostra radio dedicò un ricordo nel 2014: Pioggia era morto pochi mesi prima e lo volemmo omaggiare in una serata inserita nella nostra festa “L’importante è finire”, in una piazzetta colma e commossa.

Quest’anno, il figlio Bruno, la nipote Michela, e tutta la famiglia Maiotti hanno voluto fortemente esaudire uno dei suoi ultimi desideri: una festa popolare per i suoi 100 anni. E così è stato, in una serata magica e in una piazza piena di gente, tra vino, porchetta ricordi commossi e divertiti, e, ovviamente, musica.

Pioggia 16 (P.zza Simoncelli, '78)

Lamberto Ladi & Vittorio Tarparelli, Andrea Caponeri, Andrea Massino, Marco Massino, Simone mi odia (Simone Stopponi e Francesco Bufalini), Valerio Bellocchio e Gabriele Tardiolo (un bel pezzo dei Bartender) hanno voluto così riproporre la musica di Pioggia, quel repertorio straordinario che per anni questo signore elegante e sornione ci ha regalato.

Pioggia 8

E’ stato davvero un grande onore per noi contribuire nel nostro piccolo a mettere in piedi questa serata, noi che da bambini rimanevamo incantati a guardare quelle mani che strappavano note da quel famoso mandolino con l’adesivo di Topolino che la famiglia ha voluto fosse di nuovo, in questa sera, suonato dai giovani musicisti che, simbolicamente, hanno raccolto così quel testimone venuto da lontano.

Buon ascolto, e buon compleanno Pioggia!

SCARICA LA PARTE 1

LAMBERTO LADI E VITTORIO TARPARELLI

Introduzione

Ma l’amore no

Tu, musica divina

Non dimenticar le mie parole

Mille lire al mese

Ladi

ANDREA CAPONERI, ANDREA MASSINO E MARCO MASSINO 

Dicitencello vuje

‘O surdato ‘nnamurato

Voce ‘e notte

Me pizzica me mozzica

‘O sole mio

Carmela

Tanto pe’ cantà

noi

SCARICA LA PARTE 2

SIMONE MI ODIA (Simone Stopponi e Francesco Bufalini) 

Roma nun fa la stupida stasera

Chella llà

Love in Portofino

Core ‘ngrato

Reginella

Quzas quizas quizas

Tu vuo’ fa’ l’Americano

Malafemmena

simone

GABRIELE TARDIOLO E VALERIO BELLOCCHIO

Sunny Day In Rome

Sing Sing

I Hate The Woman i Love

La Moska Mora

Gnosienne 3#

O sole mio / C’Era una volta il west

The Whistle Blower

 

PS– Un sentito grazie per il service audio a Patrizio Dominici

LA CITTA’ SONORA, STAG.7, p.02 e 03- UN UOMO CHE VA: ORVIETO CANTA BRUNO LAUZI

PUNTATA 2 e 3, 30 NOVEMBRE e 8 DICEMBRE 2013

UN UOMO CHE VA- ORVIETO CANTA BRUNO LAUZI 

“In cerca di Santa Perduta”, ORVIETO, P.zza Simoncelli, 3 settembre 2013

SCARICA:

PARTE 1:

PARTE 2:

www.mediafire.com/listen/28f8d8tjl65mdmh/p.03-%20ORVIETO%20CANTA%20LAUZI%2C%20pt.2.mp3

Quelli che quella sera hanno voluto bene a Bruno Lauzi

Quelli che quella sera hanno voluto bene a Bruno Lauzi

Una delle soddisfazioni maggiori di questa Radio, è l’organizzazione, insieme a diversi amici e al Magazzino delle Idee, della “Festa di Santa Perduta”, grandioso evento giunto alla X edizione. Come ormai tradizione, la festa è però preceduta da un triduo di preparazione chiamato “In cerca di Santa Perduta”,che va perlopiù in scena nella cornice affascinante della Piazzetta Simoncelli, nel quartiere medievale di Orvieto.

Dopo il ricordo di Ivan Graziani (2011, lo trovate nel blog de “La città sonora”) e di Lucio Dalla (2012), è con grande piacere che quest’anno abbiamo chiamato molti amici, e soprattutto artisti, orvietani a immergersi nel mondo poetico e ironico di Bruno Lauzi, che è stato indiscutibilmente uno dei grandi e misconosciuti geni della musica italiana, un padre della canzone d’autore (esordì a inizio anni ’60) e un esponente di spicco della cosidetta “scuola genovese” (insieme a De Andrè e Tenco). Conosciuto e amato già dagli anni ‘60 per brani storici come “Il poeta” e “Ritornerai”, in cima alle hit parades nei  ’70 con i brani scritti per lui da Battisti-Mogol (Amore caro, amore bello, L’aquila ed altri) e le deliziose e insuperabili canzoni per bambini (La tartaruga, Johnny Bassotto e così via), negli anni seguenti, da una posizione più defilata, continuò a scrivere splendide canzoni e a cantarle con voce unica.

Magistrali furono anche le sue traduzioni, da Jacques Brel, da Paul Simon, da Roberto Carlos ed altri, e i pezzi scritti per altri interpreti, specialmente femminili: basti citare capolavori come “Piccolo uomo” e“Almeno tu nell’universo”, destinate a Mia Martini.

Libero pensatore e libero artista, spesso controcorrente anche rispetto allo stesso ambiente musicale (fu militante del Partito Liberale in tempi in cui la scena artistica andava decisamente da tutt’altra parte), scopritore di Paolo Conte (che a lui affidò per primo “Onda su onda” e “Genova per noi”), negli ultimi suoi anni Lauzi lottò con fierezza e inguaribile ironia contro il morbo di Parkinson, accogliendo gli sbigottiti fotografi dicendo “Scusate se vengo mosso”.

Nonostante molti grandi della canzone italiana negli ultimi anni abbiano sentito il bisogno di ricantare l’autore genovese (parliamo di gente come Vinicio Capossela, Franco Battiato, Morgan, Gino Paoli, Simone Cristicchi, Musica nuda, Quintorigo ed altri ancora), Bruno Lauzi, morto nel 2006, è una figura che va comunque riscoperta, anche (e soprattutto) nei brani considerati minori, e in realtà autentici gioielli nascosti, come hanno dimostrato alcuni dei migliori musicisti orvietani che si sono messi volentieri a disposizione per costruire questa serata unica e commovente: gli Stranizza con Gioia, Andrea Caponeri & Andrea Massino, Rossella Costa & Felix Rainone Duo, Simone mi odia (feat. Francesca Dragoni) e lo special guest Filippo Gatti (ex Elettrojoice) che volle assolutamente Lauzi nel suo primo disco del 2003, in un brano scritto appositamente pensando a lui.

(Il premiato Coro delle Bigotte durante la sua maschia partecipazione all’omonimo brano tratto dal repertorio di Jacques Brel)

Incredibile, e chi c’era potrà confermarlo, l’attenzione amorosa che il numeroso pubblico accorso ad affollare la piazza ha riservato a queste canzoni, con lo sguardo di chi, accucciato a terra, o sugli scalini di un portone, in una piazza attraversata dall’alto dalle copertine dei dischi di Bruno Lauzi attaccati a un filo come panni appesi tra una casa e l’altra, sta immediatamente riconoscendo la bellezza e l’arte.

“Un uomo che va- Orvieto canta Bruno Lauzi” è stato questo: un atto d’affetto, d’amore, per rendere il giusto tributo e ringraziamento a un gigante della canzone italiana, uno di quei pochi che l’hanno davvero presa, questa canzone, e portata da un’altra parte. Una cosa piccola, ma buona.

Simone mi odia sul palco. Riconoscibili i dischi di Bruno Lauzi attaccati ai fili dei panni che dall'alto vegliavano su di noi. (foto di Luca Maggi)

Simone mi odia sul palco. Riconoscibili i dischi di Bruno Lauzi attaccati ai fili dei panni che dall’alto vegliavano su di noi. (foto di Luca Maggi)

SCALETTA PARTE 1

Andrea Kappa Caponeri e Andrea Massino. Troppo pigri anche per darsi un nome (una volta scartato i "Io me ne Andrei")

Andrea Kappa Caponeri e Andrea Massino. Troppo pigri anche per darsi un nome (una volta scartato i “Io me ne Andrei”)

ANDREA CAPONERI (voce e ukulele) e ANDREA MASSINO (chitarra)

Introduzione alla serata

Menica menica

La casa nel parco feat. Sandro Paradisi alla fisarmonica

Gli acrobati

L’ufficio in riva al mare

Sia benedetto il samba

Le bigotte (da J.Brel), con IL CORO DELLE BIGOTTE (A.Gioia, F.Gatti, S.Stopponi, L.Grasso. F.Bufalini, V.Venturi)

Arrivano i cinesi

America (da P.Simon)

 

 

Simone mi odia

Simone mi odia

SIMONE MI ODIA (Simone Stopponi, voce e chitarra; Francesco Bufalini, tastiere)

L’aquila

Amore caro, amore bello

Almeno tu nell’universo feat. Francesca Dragoni

SCALETTA PARTE 2:

Rossella Costa Duo, con il giovane pargolo Angelo

Rossella Costa Duo, con il giovane pargolo Angelo

ROSSELLA COSTA DUO (Rossella Costa, voce; Feliz Rainone, chitarra)

Un uomo che va feat. Angelo Rainone al sax

Ho incontrato Dio sulla spiaggia di Rio feat. Angelo Rainone al sax

Dettagli

Naviganti

Andrea Gioia. In primo piano i suoi accordi aperti. Li chiuderà prima di andare a letto

Andrea Gioia. In primo piano i suoi accordi aperti. Li chiuderà prima di andare a letto

 

La splendida ombra cinese di Vieri Venturi , la di lui sorella, e Sandro Paradisi con la fisarmonica burlesca

La splendida ombra cinese di Vieri Venturi, la di lui sorella, e Sandro Paradisi con la fisarmonica burlesca

STRANIZZA CON GIOIA

(Vieri Venturi, voce e piano; Andrea Gioia, voce e chitarra)

Piccolo uomo

Johnny Bassotto

La tartaruga (versione dilatata)

L’appuntamento (da R.Carlos) feat. Chiara Venturi + Sandro Paradisi 

Il poeta

Filippo Gatti, degno interprete di Lauzi, libero come lui

Filippo Gatti, degno interprete di Lauzi, libero come lui

FILIPPO GATTI  

Onda su onda

Memoria

Io canterò politico

BIS (TUTTI)

Ritornerai

Una buona parte della crew di "In Cerca di Santa Perduta". In primo piano quel grand'uomo di Alfio

Una buona parte della crew di “In Cerca di Santa Perduta”. In primo piano quel grand’uomo di Alfio

LA CITTA’ SONORA, STAG.6, p.15 e 16- VITE AGRE: Luciano Bianciardi ed Enzo Jannacci

PUNTATA 15 e 16, 18 e 25 febbraio 2013

VITE AGRE- Luciano Bianciardi ed Enzo Jannacci nella Milano dei ‘60

Orvieto, Sala del Carmine, 18 gennaio 2008

La locandina dello spettacolo andata in scena alla Sala del Carmine

La locandina dello spettacolo andato in scena alla Sala del Carmine per “Venti Ascensionali”

Serata unica (proprio nel senso che non è stata più replicata) dove Andrea Kappa Caponeri (con un lavoro enorme degno di ben altre cause) metteva insieme un suo amore letterario e un suo amore musicale, montando, senza voce esterna, pagine dal libro di Bianciardi “La vita agra”, spezzoni dall’omonimo film e canzoni di Enzo Jannacci.

Riportiamo, per comodità, ciò che recitava il programma di sala:

COSA STATE PER VEDERE?

Gli ingredienti sono succolenti e numerosi, ché poi non si dica in giro che qui si lesina a spese. In questa serata verranno infatti brandite 20 letture (20? Sì, 20. Embè?), 9 spezzoni cinematografici, 9 canzoni (se fate i bravi anche 10, dipende dall’ora) e, come se non bastasse, un’introduzione che è una vera sciccheria. Quanto dura tutto l’ambaradan? Un paio d’ore. Ovviamente potete uscire anche prima, decidendo che è di molto meglio la replica di “Un medico in famiglia” su Raisat Extra, e alzarvi silenziosamente dalla vostra sedia.

Ci pare comunque giusto e corretto mettervi al corrente che abbiamo i vostri nomi e la targa delle vostre auto.

Lo spettacolo si snoda lungo il romanzo “La vita agra” (1962), l’opera, in larga parte autobiografica, che più di tutte riassume ed esprime l’arte (arrabbiata? rancorosa? livida? o solo spietatamente lucida? profetica? comunque grandissima arte) di Luciano Bianciardi. Fu definito il primo romanzo italiano della “contestazione”. Per quel che ci riguarda, non è solo un libro, nei temi e nelle forme, rivoluzionario per la letteratura italiana (allora come adesso), ma anche e semplicemente una delle cose più belle mai scritte in questo paese negli ultimi 60 anni. Che poi sia ancora un tesoro per pochi carbonari la dice tutta su come siamo messi, e sulla qualità della pelle dei divani dei salotti letterari che contano. “La vita agra” è, per dirla con Paolo Conte, un naufragio a Milano. E’ la cronaca, puntuale e spietata, del fallimento di un intellettuale anarchico di provincia che giunge nella grande città del nord con il progetto di vendicare i 43 minatori morti nell’incendio della miniera di Ribolla (strage realmente avvenuta che Bianciardi raccontò in un libro-denuncia) per colpa della Proprietà, per inciso: la Montecatini, che lesinò criminosamente sui sistemi di sicurezza. L’io narrante cerca di dibattersi, di costruirsi una vita, sempre più asfissiata dalle leve soffocanti della città, di trovare un’occupazione, meglio se all’interno del grattacielo (il famigerato “torracchione”) che trama, prima o poi, di far esplodere, proprio come fece il grisù che si è portato via i minatori maremmani. Nell’attesa vivacchia in una misera pensione, esplora una Milano plumbea e arida, tutta indaffarata a metter su danè, fa conoscenze bizzarre, tra cui Anna con cui intreccia una relazione all’insaputa di Mara, la moglie che con un figlio già grandicello lo aspetta a casa, in Toscana. Licenziato dall’industria culturale, per scarsità di rendimento (peccato mortale nella frenetica Milano-Italia del boom) ripiega su traduzioni forsennate ed estenuanti in una continua rincorsa con il tempo per venire a capo delle bollette, marcato stretto dai tafanatori delle rate, delle tasse, delle assicurazioni, del monte dei pegni.

Nel frattempo impara a districarsi nella giungla, diventa anch’egli come gli altri, esce di rado e parla ancora meno, si gode il suo sudato e quanto mai precario benessere, osserva disincantato il suo dissanguamento. Fine della storia.

Se vi sbrigate fate ancora in tempo per la replica di “Un medico in famiglia” (in caso prego registrare)

ASCOLTA (e SCARICA con il tasto destro)

PARTE 1

http://stream.radiorvietoweb.it/lacittasonora/mp3/STAG6p15-%20Vite%20agre%20%28pt.1%29.mp3

PARTE 2

http://stream.radiorvietoweb.it/lacittasonora/mp3/STAG6p16-%20Vite%20agre%20%28pt2%29.mp3